Cos'è un vero maestro spirituale

  • da Francesco Giacovazzo
  • Saggezza

Dopo un lunghissimo viaggio di quasi un anno, un professore di nome Maulingaputta giunse al cospetto di Buddha. Maulingaputta era un uomo colto che aveva scritto numerosi libri ed era conosciuto in tutto il suo paese; la sua continua ricerca e la sua sete di sapere l’avevano condotto fino al più grande dei maestri.

“Ho una dozzina di domande da farti” annunciò al Buddha dopo essersi presentato.


Il Buddha sorrise e rispose: “risponderò a tutte le tue domande ma prima devi soddisfare una condizione. Per un anno dovrai rimanere con me in completo silenzio. Solo dopo io risponderò alle tue richieste. Potrei farlo ora ma tu non sei pronto alle mie risposte; la tua mente è troppo affollata di conoscenze inutili che distorcerebbero il mio messaggio. Per un anno dovrai lavare la tua mente con il silenzio in modo da essere libera di accogliere le mie parole.”

Mentre Buddha pronunciava quelle parole un altro discepolo che si chiamava Sariputta e sostava sotto un albero lì accanto, scoppiò in una fragorosa risata facendo girare Maulingaputta. Intanto Buddha si era congedato.

“Ridi di me?” chiese un po’ imbarazzato Maulingaputta al giovane discepolo.

“Non rido di te, anzi scusami. Rido di me! E’ trascorso un anno e quell’uomo ha ingannato pure me. Sono venuto da lui con molte domande e lui mi ha risposto esattamente come ha risposto a te. Ho atteso un anno e tutte le mie domande sono scomparse. Adesso lui continua a chiedermi continuamente dove si trovano le mie domande ma io le ho perse! Perciò caro amico non attendere un anno ma falle subito le tue domande altrimenti non le farai più!”

Questo aneddoto racchiude una verità che compresa permetterebbe a molti ricercatori di scampare da un grosso pericolo che inevitabilmente si incontra lungo il cammino della conoscenza: la ricerca di un maestro o di una scuola.

Che cos’è un maestro spirituale? Uno che ha tutte le risposte e che pazientemente ti conduce per mano, evitandoti trappole e pericoli? Non proprio.

Innanzitutto il vero sapere non è un’accumulazione di nozioni e informazioni che a lungo andare diventano di intralcio alla comprensione diretta della realtà. Un maestro non dà nulla a nessuno, anzi toglie tutto il superfluo, perché sa che il vero Sapere nasce da una mente vuota, scevra da pregiudizi e ambizioni. Solo una mente quieta e pulita può riflettere la verità in tutta la sua bellezza e immediatezza. Ci vuole uno sguardo attento e cristallino per cogliere quella fragilità che contraddistingue la verità. Il sapere non è qualcosa che puoi accumulare e conservare, quella si chiama conoscenza e te la può dare solo chi non è un vero maestro. Il vero Sapere nasce dal contatto diretto con la realtà senza nessun tramite.

Pure tu in quanto individuo devi sparire. Devi diventare uno specchio senza incrinature capace di riflettere l’immenso in ogni sua espressione. Per questo io definisco un maestro un lucidatore di specchi e nient’altro. Per questo Buddha non rispose a quel professore, perché un vero maestro non ha risposte da darti ma ha solo il compito di bruciare ogni domanda. Le domande nascono dalle cose che già sai, dalle vecchie risposte, e ogni nuova risposta, per quanto precisa, non farà altro che creare ulteriori domande. E così la tua mente si perpetua, diventa agitata e confusa. E come potrebbe una mente simile cogliere anche un solo bagliore di quella fragilità chiamata verità?

Raffaele mi diceva sempre che un maestro non deve avere opinioni su niente, non deve avere preferenze e deve essere solo. Il silenzio è la sua unica guida, perché solo nel silenzio puoi scorgere la voce di Dio.

Ecco allora il significato della provocazione di moda negli anni ’70 “Se incontri il Buddha per strada uccidilo!”, perché un maestro potrebbe benissimo incastrarti nel ruolo dell’eterno discepolo. Passiamo la vita ad accumulare conoscenze che non ci servono a nulla e così ci dimentichiamo che dentro di noi custodiamo un sapere innato che ci ha condotti senza ragionamenti da una cellula fecondata all’essere meraviglioso che siamo. Questa intelligenza continua ad agire proprio ora dentro di noi e sa più di qualunque maestro ciò che veramente ci serve.

Lo scrittore Isaac B. Singer, un grande studioso della saggezza ebraica, racconta di un discepolo che una mattina si reca come di consueto dal suo maestro, un grande rabbino, per ricevere i suoi insegnamenti, ma questa volta il maestro gli dice: “Vai ad insegnare!”. “Ma cosa posso insegnare io?”, risponde l’allievo. “Quello che già sai” rispose il rabbino. “Ma io non so cosa so!”, “Peccato, vuol dire che sei distratto!”

Noi abbiamo solo un compito: diventare maestri di noi stessi. E come si diventa maestri? Quando la smettiamo di voler essere discepoli. Quando smettiamo di aspettarci che qualcuno ci dia delle risposte.

Diventare maestri significa anche imparare a fidarsi solo di se stessi, a stare da soli e… a smettere di cercare. Raffaele mi ripeteva spesso un proverbio cinese: “quando smetterai di viaggiare, sarai arrivato!”

E’ stato così che ho capito che non c’era nessun posto dove arrivare, e questo mi ha liberato.

Francesco Giacovazzo

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